Quanto è creativa la tua tribù?

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Scuola di Naturopatia Complementare

Quanto è creativa la tua tribù? Quanto fa bene alla salute e alla mente far parte di una tribù creativa?
Quaderni di Naturopatia Complementare 4

Tutto intorno a noi è vita.
All’inizio dei tempi il mondo era una palla di fuoco e per milioni di anni è stato un unico blocco di lava.
Solo grazie alle creature viventi si è formata l’aria che noi oggi respiriamo. Batteri, muffe, funghi e piante hanno scavato la roccia per nutrirsi e hanno formato la terra sulla quale camminiamo e l’hanno fatta crescere ammassando per milioni di anni i loro resti mortali. Persino buona parte delle rocce si sono formate con il compattarsi di immense quantità di corpi, conchiglie, foglie e fusti di piante, che si sono accumulati in strati di calcare spessi chilometri. La vita ha modellato questo mondo e lo ha reso vivibile per noi.
Se contempliamo questa realtà scientifica inoppugnabile possiamo sviluppare un senso di stupore e di gratitudine e sentirci parte di un colossale fenomeno che dura da miliardi di anni e che ci ha generati.
E possiamo sviluppare ancor di più questo senso di appartenenza se ci rendiamo conto che noi non siamo dei singoli individui solitari. Scientificamente noi siamo un sistema simbiotico: senza i miliardi di batteri che vivono intorno a noi, sopra di noi e dentro di noi non potremmo sopravvivere. Non saremmo capaci neppure di digerire i cibi senza i miliardi di esseri meravigliosi che costituiscono l’armata della flora batterica intestinale.
Ma nonostante queste e altre evidenze la maggioranza degli esseri umani ha difficoltà a sentirsi parte di una comunità.
Troppi si considerano esseri singoli, in competizione con il resto del mondo.
Come ho detto questa è la terza e ultima malattia che affligge la nostra mente.
Abbiamo uno spasmodico desiderio di aver sempre ragione noi e non abbiamo deciso coscientemente che meritiamo di vivere bene e di avere il meglio.
Queste due terribili idee generano disprezzo per il resto dell’umanità: se io ho sempre ragione è chiaro che gli altri hanno sempre torto. E se non ho lo scopo di stare bene su questo pianeta è probabile che io stia male e che da ciò nascano pessimismo e diffidenza.
E se tu sei convinto di essere una creatura solitaria e di non far parte di una comunità, la tua situazione si aggrava. Di fronte alle difficoltà della vita è essenziale essere parte di un gruppo solidale, ti dà fiducia e spesso fa la differenza tra farcela e non farcela.
La nostra cultura è competitiva e quindi abbiamo paura degli altri perché li vediamo come avversari. Altre popolazioni del mondo ci guardano perplesse e osservano che manchiamo del senso della collettività, dell’appartenenza, conosciamo bene la parola IO, poco la parola NOI (vedi racconto della Bandabardò sul Chapas).
La nostra cultura considera centrale per il benessere il capitale in termini di ricchezza, in secondo piano considera il capitale costituito delle nostre capacità, dalla nostra professionalità; molto poco è considerato il capitale umano, cioè la qualità delle relazioni che ho costruito. Certo sono considerate importanti le relazioni familiari. Ma l’insieme dei rapporti umani è un’entità alla quale non viene dato un valore.
Ma di fronte a un lutto, una malattia, un rovescio economico, un lavoro difficile da fare è il capitale umano che fa la differenza: cioè la quantità e qualità di aiuto che posso ricevere dalla mia cerchia di amicizie e conoscenze.
Esistono parecchi studi che dimostrano che le persone che hanno una migliore posizione sociale e una migliore situazione familiare sono anche persone che conoscono molta gente, coltivano molte relazioni.
Poco ci si rende conto che le persone rissose, disoneste, che non rispettano la parola data, che non sono affidabili sul lavoro, pagano profumatamente i vantaggi immediati che ottengono comportandosi male con un costo spaventoso sul lungo periodo: essi distruggono il proprio capitale umano.
Potremmo inventarci un nuovo indicatore di serenità esistenziale basato su un’unica domanda: quante persone sono disposte ad alzarsi in piena notte (gratis) per venirti a soccorrere se stai male?
Chiaramente una persona che possa sperare nell’aiuto di 20 persone avrà una visione del mondo più positiva delle persone che a stento riescono a immaginare 4 persone disposte ad aiutarle.
Inoltre coltivare una visione della vita che mette al centro il senso di appartenenza alla comunità dei viventi dà fiducia e la possibilità di immaginare grandi imprese. E ti viene anche da pensare che questo universo abbia un senso e ci siano all’opera forze positive con le quali ti puoi alleare e che ti sosterranno se ti appassioni a progetti belli e giusti.
Cioè, è ben diverso vivere pensando che esista una positività scritta nei geni dell’universo piuttosto che vivere pensando che tutto è una merda secca e puzzolente.
So che molti sobbalzeranno leggendo questa frase.
Uno degli effetti collaterali dell’idea di essere soli contro tutti è quella che il mondo vada sempre peggio.
Teorema e corollario sono strettamente interdipendenti: sono solo, nessuno mi capisce, tutti sono stupidi, solo io ho ragione e prova ne è il fatto che tutto va a rotoli.
In effetti se tutto va bene, il mondo progredisce e tu pensi che solo tu hai sempre ragione ti trovi in una situazione imbarazzante perché è evidente che sei tu ad avere un problema, non il resto dell’umanità (visto che progredisce).
Si tratta di due modi di vedere che si sostengono reciprocamente.
È vero che succedono troppe cose orribili in questo mondo ma è anche vero che da 100mila anni il mondo migliora costantemente e che negli ultimi 50 anni questa accelerazione ha avuto un’impennata pazzesca.
Sei disponibile a discutere con attenzione questa idea così dissidente rispetto a quella pessimista dominante?
Le prove di questo miglioramento sono in tutte le statistiche: se prendiamo qualunque dato sulla condizione umana scopriamo che ci sono stati cambiamenti immensi. È diminuito, nonostante la popolazione sia raddoppiata, il numero degli affamati, sono diminuiti i morti ammazzati in guerre e violenze private, il numero degli stupri, la diffusione della pedofilia, sono diminuite le dittature e la schiavitù. Sono aumentate in modo straordinario le persone che sanno leggere e scrivere, che hanno accesso all’acqua potabile, a cure mediche e ai diritti civili.
La diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori è diminuito negli ultimi anni in Italia e in altri paesi gravemente in crisi, ma si tratta di un peggioramento relativo rispetto a cento anni di aumenti salariali notevoli. Contemporaneamente sono aumentati di molto i diritti e i redditi dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo, più persone che hanno una pensione, le ferie pagate, la cassa mutua, le otto ore. Ed è migliorata la giustizia e, incredibile ma vero, stanno diminuendo anche la deforestazione e l’inquinamento. Inoltre sono aumentati esponenzialmente gli esseri umani che sono impegnati nel volontariato solidale: un esercito ormai immenso fatto da più di 500mila associazioni: un fenomeno che non ha precedenti nella storia umana (vedi Paul Hawken, Moltitudine Inarrestabile vedi qui un mio articolo e qui un’anticipazione del libro e un video).
Vedi anche il libro che ho scritto con Michele Dotti: Non è vero che tutto va peggio.
E se ancora non ti sei convinto vedi anche Matt Ridley: Un ottimista Razionale.
E internet e le nuove tecnologie digitali hanno dato ai popoli un’enorme ricchezza sul piano della cultura e della possibilità di comunicazione.
Visto che so che molti continueranno a dire che vedono tutto peggio e che il mondo fa schifo, ripeto che è evidente che questo mondo va di molto migliorato perché arrivi a essere un luogo decente, ma lo stiamo facendo.

Dopodiché se ancora non ti basta non so che dirti… Non è che per caso sei un po’ pessimista con sindrome depressiva?
Come ho detto il primo passo per uscire da uno stato mentale autolesionista e per scoprire la propria mente creativa è quello di iniziare a provare gusto nel mettere in dubbio le proprie idee.
Tu mi dirai: ma tu non metti in dubbio le tue idee…
Io ti dirò; sto fornendoti i link a tonnellate di dati… Hai motivo per credere che siano sbagliati?
Comunque oltre questo limite la discussione si interrompe.
Non si può essere tutti d’accordo e sicuramente ci sono milioni di persone che nessuna potenza logica e documentale potrà mai convincere. Così come ci sono milioni di persone che non crederanno mai di avere il diritto al piacere e di far parte di una comunità dei viventi.
Per adesso mi impegno a cercare di fornire strumenti di riflessione a chi ha voglia di star meglio… Per i miracoli mi sto attrezzando.
Siamo a questo punto arrivati alla conclusione della parte “teorica” di quest’ardua descrizione dei meccanismi negativi (degli errori di pensiero) tramite i quali stiamo cercando di tracciare i confini del pensiero creativo.
E vorrei sottolineare il pregio di questa mappa: ammetterai che sintetizzare in soli tre punti le cause del disagio umano è stata impresa eroica e meritevole.
Dopo questo ciclopico sforzo iniziale arriva il bello, perché nel momento nel quale tu ti trovassi a far tuo questo modello, questa mappa, praticamente hai già fatto tutto.
Si tratta semplicemente di perdere un po’ di tempo a rifletterci.
Nel momento in cui decido che voglio mettere al centro della mia vita il mio diritto al piacere e che posso sbagliarmi e quindi devo fare attenzione ed è il caso che mi ricordi che l’aspetto comunitario della mia vita è essenziale, ho elaborato un giudizio che determina istantaneamente un radicale e gradevole cambiamento nella mia vita.
Questo è secondo me particolarmente grazioso: il cambiamento è istantaneo e irreversibile.
Lo so che negli ultimi decenni molte scuole di psicologia (dalla Pnl in poi) teorizzano le terapie istantanee.
Ma in effetti i risultati sono sotto gli occhi di tutti, istantanee un cazzo. Le terapie istantanee in realtà le devi rifare continuamente… E hai bisogno di uno psicologo bravissimo per ottenere il minimo miglioramento…
Quello che ti sto proponendo io è qualche cosa di completamente diverso. Non c’è nessuno psicologo, maestro, guru…
Ci sei solo tu e una semplice decisione da prendere fino in fondo.
Poi non ci sono esercizi, meditazioni, autoanalisi.
Se hai capito veramente il discorso, poi non puoi fare a meno di seguirlo semplicemente perché è logico.
E inoltre (meraviglia!) aver deciso come stanno le cose, non comporta necessariamente cambiamenti colossali. La partita essenziale si gioca su questioni quotidiane microscopiche sulle quali hai pieno potere.
Perché è nei micro comportamenti che si annidano i semi del disastro esistenziale.

Che strada scegli per andare da qualche parte? La più breve?
Se decidi che il tuo scopo essenziale è stare bene potresti cambiare idea e, quando hai un po’ di tempo, decidere di non percorrere la strada più breve ma quella più soleggiata.
E cosa mangi al bar? Quello che desideri o qualche cosa che hai deciso che devi mangiare sulla base di qualche teoria che ti ha convinto?
E resti a sentire un imbecille che odia il mondo e ti annoia, per buona educazione, oppure pensi di avere il diritto di andartene perché non hai voglia di ascoltare?
Chiedersi: faccio quel che faccio perché lo desidero o perché sono condizionato a farlo è un’azione che se inizi a farla un giorno poi non smetti più perché lo vedi che ti fornisce un immediato salto di qualità esistenziale.

Ottenere questo cambiamento cellulare delle tue giornate richiede, come abbiamo detto, solo di deciderlo; ma forse su questo è meglio spendere qualche parola: come si fa a decidere il cambiamento?
Magari decido di cambiare ma poi mi ritrovo da capo a 15 a ripetere gli stessi comportamenti non positivi…
Ma di questo parleremo domenica prossima…
Buona settimana a te! (Che sei sicuramente un essere meraviglioso e straordinario visto che hai letto fino a qui questo articolo di somma saggezza! Ma che bella persona che sei!)

Jacopo Fo

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Commenti

Bravo Jacopo! Grazie per queste cose che scrivi :)
Condivido gran parte del tuo pensiero, forse tutto.
La riprova? Che avevo già "dedotto" l'intero ragionamento di questo post da quello precedente! :D

Ora non vedo l'ora di leggere il seguito, visto che già mi ponevo il dubbio della "cattiva abitudine", io la chiamo così, ovvero la tendenza a ripetere ciò che facciamo sempre, a prescindere dal fatto che sia poco salutare.

Se è tutta la vita che sono abituato a pensare di non meritare la felicità, di essere nato per soffrire, di dover "affrontare" la vita invece di ringraziare il cielo per il dono meraviglioso che ho avuto (e se invece di essere un bell'uomo fossi stato un inutile asteroide?), se sono abituato a tutte queste cose, dicevo, tenderò inevitabilmente a ricadere nei vecchi schemi comportamentali e a buttare nel cesso i buoni propositi di cominciare a vivere BENE.

E' una cosa che probabilmente hanno provato tutti.

Senti un discorso motivazionale, guardi un filmato significativo, leggi un libro rivelatore e... per un po', ti senti galvanizzato, forte, capace, felice e pronto a cominciare a vivere meglio ogni istante che ti resta della tua lunga e meravigliosa vita...

Poi viene il lunedì.

Traffico, lavoro, persone negative che ti "contagiano", piccole sfortune che ti infettano e, quasi senza accorgertene, torni ad essere il solito uomo disilluso che "fa quel che può per tirare avanti".

E allora qual è la soluzione? Come si può fare proprie e permanenti le conclusioni a cui si è giunti dopo essere stati motivati? Come si può tornare a quella situazione di benessere? Come la si può rendere la NORMA?

Ora non ho una risposta, purtroppo (confido in te, Jacopo!), però ho dei sospetti. Delle POSSIBILI soluzioni.

1. Nutrirsi di discorsi motivazionali e letture ispiratrici con costanza, in modo da tenersi spesso in forma.

2. Fare dei piccoli cambiamenti al proprio modo di agire e pensare ed impegnarsi con forza a mantenerli, per lungo tempo, in modo che diventino nuove abitudini.

3. Non pervenuto.

La conclusione a cui sono giunto è che essere felici, vivere bene, stare meglio è una cosa che costa FATICA. Si può fare, ci si riesce e però dopo un po' si ricade nelle vecchie abitudini malate semplicemente perché ci si sta comodi, ci si è abituati e non costa nessun impegno.

Ecco, bisogna impegnarsi, per essere felici.

E siccome l'impegno costante è troppo difficile da mantenere, l'unica cosa che mi viene in mente è quella di tenersi in allenamento, in modo da poter essere "positivi" il più a lungo e il più spesso possibile.
Senza mai pensare che se una volta "ti dimentichi" di essere felice, di impegnarti a stare bene, di goderti la vita invece di subirla, allora è andato tutto perduto... anzi!
E' normale, ogni tanto, abbassare la guardia... e siccome al momento ci sono molte persone negative (e ciascuno lo è.. in condizioni "di riposo", visto che non è abituato ad essere felice) è facile restarne influenzati. (Poi è ovvio, qualcuno è più negativo di altri, però nessuno è SEMPRE felice.)

E si cerca sempre il meglio, quindi si tende ad essere insoddisfatti. Eppure basta guardare un po' più indietro per scoprire che il tuo "io a riposo", quello abituato a non essere felice, da quando hai cominciato a darti da fare per stare bene è assai meno infelice di prima... Hai vinto! Hai costruito qualcosa che è rimasto dentro te, anche se apparentemente sei sempre lo stesso.

Stai meglio e nemmeno te ne sei accorto.

E quando vuoi, ti impegni un po' e stai ancora meglio... Stai di nuovo bene subito e complessivamente meglio nel lungo periodo. Non è fantastico?

Insomma, vivere bene è una scelta.

Non è una cosa scontata, non è una cosa che viene da sé. E' una cosa che tu scegli di fare e che dunque ti impegni a farla. La cosa bella è che, anche se è un'attività "faticosa", è per definizione, piacevole!

Faccio il paragone con la palestra: io non ci voglio mai andare, mi annoio, mi stanco e mi sembra inutile. PERO' ogni volta che vado, DOPO mi sento meglio. Lo stesso è per la felicità (il benessere, la mente creativa... è sempre la stessa cosa): durante la settimana o anche durante la giornata ad un certo punto mi sembra assai più comodo restarmene tranquillo a sguazzare nella mediocrità.

Però ogni volta che DECIDO di impegnarmi e di stare meglio, guarda un po', dopo sto proprio MEGLIO!

Che strano, eh? ;)

Spero che questo ragionamento sia utile anche ad altri e non solo a me e alle persone con cui l'ho condiviso.

In tutti i casi, Jacopo, ti ringrazio per quello che fai.

Un abbraccio,
Dario