Centro Ghélawé

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Le notizie e le ultime novità dal Centro Ghélawé in Burkina Faso www.centroghelawe.org

Fotografie dal Burkina Faso (seconda puntata)

"Issa, puoi preparare il te', per favore?"
Il n'y a pas de problem, e' certamente la frase piu' pronunciata in Burkina Faso, non ci sono mai problemi...
Prendeva la caraffa dell'acqua, due piccole teiere, una rossa e una blu, un piatto, tre bicchieri piccoli e un bicchiere grande (notate che non prende neanche un cucchiaino!).
Si sedeva e dalla tasca tirava fuori la scatolina di te' verde Saddam e il sacchettino di zucchero da 50 CFA.
Issa, dimentichi il fornelletto... Si alzava e cercava il fornelletto di fil di ferro, e pochi secondi dopo arrivava con le braci ardenti.
Tutto era pronto, la preparazione del te' poteva iniziare.
Sul bicchiere grande misurava la quantita' giusta di acqua. Ce ne doveva essere sempre un bicchierino a testa per tutti i presenti, ma come facesse a dosarla era un miracolo: nonostante si aggiungessero persone via via che il rito del te' avanzava, ce n'era un goccio sempre per tutti.
L'acqua veniva versata nella teiera blu e messa a bollire sul fornelletto.
Iniziava quindi un rito nel rito: il lavaggio dei bicchieri. Dalla caraffa Issa versava un po' di acqua sul primo bicchiere piccolo e lo lavava facendo attenzione di versare l'acqua nel secondo bicchierino. Cosi' per il terzo. Dal terzo bicchiere l'acqua di lavaggio finiva nella teiera rossa, che a sua volta veniva sciacquata e infine nel piatto, che era l'ultima cosa che la tradizione imponeva di lavare. Pulito il lato superiore del piatto, Issa faceva sollevare l'acqua e girava il piatto, in modo da farla ricadere sul lato inferiore. Questo si' che e' risparmio idrico!
Terminato questo lavoro, l'acqua nella teiera blu bolliva e Issa metteva mezza scatolina di foglie. Con quella dose faceva il te' tre volte.
Foglie e acqua nella teiera blu bollivano per qualche minuto, intanto, sul bicchiere grande, dosava lo zucchero, almeno tre dita, comunque e sempre abbondante!
Poi iniziava a travasare il te' dalla teiera al bicchiere grande e di nuovo nella teiera, tre volte, alzando i due contenitori mentre li svuotava. Tutto era lento e neanche una goccia veniva persa.
Dopo tre volte, la teiera tornava sulle braci. Quando il te aveva ripreso il bollore veniva travasato nella teiera rossa, senza le foglie. Si aggiungeva lo zucchero, mescolando e travasando come prima.
Quando lo zucchero era sciolto, e Issa lo vedeva mentre travasava, la teiera rossa veniva rimessa sulle braci.
Era la terza bollitura, ce ne sarebbe stata una quarta (con relativi tre travasi) e se non c'era particolare fretta anche una quinta. Il tutto veniva ripetuto due volte, in modo da finire la scatolina di Saddam.
Issa gira i tre bicchieri piccoli, ma prende in mano quello grande. Ancora gli ultimi tre passaggi teiera - bicchiere - teiera, sollevando sempre il braccio per raffreddarlo ancora un po'.
Da quando ci siamo seduti, sono passati almeno 15-20 minuti. Adesso il te' e' finalmente pronto, Issa serve facendo passare i bicchieri piccoli, prima noi bianchi, poi lui, poi gli altri. Per ciascuno di noi ci sono due centimetri di te nerissimo, concentratissimo e zuccheratissimo. Issa beve facendo ogni tipo di rumore con la bocca.
Apprezza la compagnia e il te' gli e' venuto bene.
Se potesse, dalla vita non chiederebbe altro.

Dopo i primi giorni al Centro Ghe'lawe', il te' di Issa era diventato una piacevole abitudine, nonche' il nostro "caffe'" delle 11:00, quello di meta' pomeriggio e addirittura quello del dopo cena.
Bevevamo vero caffe' italiano solo alla mattina. Loro non mi salutavano se prima non si erano lavati faccia e denti, io non rispondevo prima del caffe'.
Da qui parti' il nostro scambio interculturale. Noi spiegavamo la rotazione delle colture agricole disegnando con un dito sulla terra, loro prendevano appunti scrivendo su un blocco con la penna.
Scrivevamo il menu' del giorno, la lista della spesa, facevamo pane, marmellata, passata di pomodoro, pizze.
Intanto dall'altra parte del Centro iniziava la costruzione della stalla per l'asino. Una mattina il muratore che curava e coordinava i lavori ci porto' il suo curriculum vitae: un sacchettino di plastica con una ventina di foto delle costruzioni da lui eseguite.
Noi cercavamo un muratore tradizionale, che sapesse lavorare con la terra, l'acqua e le mani, lui ci porto' le foto delle costruzioni in cemento e cazzuola.
Alla fine Cecilia, altra compagna di viaggio, si accorse che aveva lavorato solo sull'esterno della stalla, senza guardare come veniva all'interno. Ora stiamo cercando un altro mezzo muratore...
Riusciremo, un giorno, a non farci fregare? La mattina, quando mi alzavo, controllavo sempre di non avere il simbolo dell'euro stampato sulla fronte. I soldi che davamo erano sempre troppo pochi, il muratore avrebbe avuto ogni giorno un lavoro meglio pagato da fare, ma la sera ci salutava sempre con un "sinisogoma", a domani!
La cura nelle costruzioni e' ancora oggi uno dei problemi, probabilmente il piu' grosso, che stiamo affrontando, insieme a una spiacevole carenza di fondi, che ci permetterebbero di essere piu' presenti e far lavorare piu' persone.
La benedizione che oggi tiro fuori dalla mia sacca e' il te' di Issa, mi manca quella miscela perfetta di tempo e dolcezza.

Il Centro vive grazie alle donazioni: se volete potete partecipare andando sul sito del  Centro Ghe'lawe' (http://www.centroghelawe.org/) o acquistando le tovagliette per la colazione disegnate da Bissiri.
I fondi andranno in Burkina Faso, i visti sui nostri passaporti lo dimostrano!

Simone Canova